Torneo Città di Arco

LE FOTOGRAFIE DI FABIO GALAS

Grandi firme alle cerimonia di premiazione
Malagò e Rivera riscaldano il casinò di Arco

Anche se, tra personaggi illustri dello sport, premi giornalistici, riconoscimenti particolari, tornei femminili e maschili (sia per i più piccini sia per gli Under 17), la carne al fuoco era moltissima, è stata l'Atalanta a fare la parte del leone in questo pomeriggio di una primavera ancora svogliata. Prima sul campo, conquistando la vittoria finale dopo aver domato un Chievo caparbio, e poi nel salone delle feste del Casinò Municipale.
Infatti, oltre all'ambito trofeo in palio, i nerazzurri bergamaschi hanno conquistato il premio fair play Graziano Vivori (mai un'ammonizione in tutto il torneo), il trofeo riservato al capocannoniere, con Szabo autore di 4 gol, e quello per il miglior giocatore che è toccato a Latte, esterno di sostanza, ma anche di grande qualità, che anche nell'ultimo impegno ha deliziato il pubblico presente allo stadio comunale di Arco.
Le cerimonia – condotta come sempre da Elio Proch – ha dato spazio in apertura, dopo i discorsi delle autorità, ai premi giornalistici dedicati alla memoria di Beppe Viola. Il dott. Giuseppe D'Amato – coordinatore della giuria presieduta da Sergio Zavoli – ha così motivato i riconoscimenti toccati a Sebastiano Vernazza della Gazzetta dello Sport e Pierluigi Pardo di Mediaset. Il primo si è sempre occupato di calcio, ma ha saputo anche affrontare temi scabrosi ed assumere spesso posizioni scomode, il secondo perché, proprio come Beppe Viola, costituisce una voce dissacrante in un mondo che spesso si prende troppo sul serio.
«Avevo due miti – ha commentato Vernazza – quel signore che sta seduto lì, Gianni Rivera, e Beppe Viola, una specie di Gianni Brera post moderno. Non sono riuscito a diventare Rivera, ma essere accostato a Viola oggi per me vale come un Pallone d'Oro».
«Mi piace questa manifestazione – ha detto invece Pardo – perché unisce calciatori e giornalisti, due categorie che spesso si occupano della stessa cosa, ma sono così lontane. Ricordo poco di Viola, perché ero piccolo, ma l'ho studiato e ho imparato moto. Credo che sdrammatizzare il calcio sia per noi un dovere».
Per Giovanni Malagò una menzione particolare, perché, come ha sottolineato D'Amato, «si sta battendo per il ritorno alla pratica dello sport delle nuove generazioni. Il suo motto è: meglio una medaglia in meno, ma tanti giovani in più che fanno sport». Il presidente del Coni, nel ringraziare, ha ammesso di trovarsi in un'isola felice sia per la pratica dello sport sia per chi, in maniera del tutto volontaristica, si preoccupa di promuoverlo. «L'Italia – ha detto poi – non si deve dividere in due gruppi: chi ama il calcio e gli altri. Chi ama il calcio, come lo amo io, deve aprirsi anche ad altri sport, cosi come si cresce dal punto di vista civile se riusciamo a incidere di più nelle scuole, se portiamo alla pratica sportiva i ragazzi tra i 12 e i 16 anni, oggi spesso in sovrappeso e quindi potenziali futuri costi per la nostra società. Dobbiamo batterci in questa direzione - ha concluso – dobbiamo ricordarci che, per importanza siamo il quinto paese al mondo davanti anche alla Francia e alla Cina».
È stata la volta, quindi, di Giacomo Santini, presidente della Giuria che da qualche anno assegna i premi giornalistici dedicati alla memoria di Aldo De Martino e Bruno Cagol. «Il giovane under 35 che abbiamo deciso di premiare quest'anno – ha detto Santini – è Angelo Zambotti, il prototipo dell'inviato nelle realtà minori dello sport che fanno vivere i giornali. Zambotti, tra l'altro, ha anche trovato il tempo a soli 32 anni per diventare sindaco di Fiavé, il suo paese».
Il premio Cagol, riservato a quelle figure professionali spesso oscure che si occupano della “cucina” delle realtà editoriali nelle quali sono impiegati, è andato invece a Diego Andreatta. «Andreatta – ha spiegato Santini – si è sempre occupato del coordinamento giornalistico di Vita Trentina, il periodico diocesano, e l'ha fatto talmente bene da diventarne il direttore».
Una vera ovazione ha poi accolto Gianni Rivera, il mitico abatino del nostro calcio che fu, il quale ha voluto ricordare un paio di aneddoti relativi alla vivacità professionale di Beppe Viola.
«Una volta mandò in onda il derby che Milan e Inter avevano giocato qualche anno prima – ha ricordato Rivera - e non quello appena disputato. Perché? Perchè quella era stata una bella partita e il pubblico televisivo non si sarebbe annoiato...». Poi Rivera, ricordando le frequentazioni di Viola spesso al Derby con la nouvelle vague della gente di spettacolo, ha voluto inquadrarne l'autoironia dissacrante: «Lui ogni tanto diceva: sono l'unico italiano ad avere il conto in Svizzera in rosso».
Infine la lunga teoria delle premiazioni. Arco, Calisio, Paluani e Sacra Famiglia, che hanno concluso in finale la lunga cavalcata del torneo Pulcini al quale hanno partecipato 66 squadre, quindi il Tavagnacco, che ha vinto il torneo Under 15 femminile, organizzato dall'Isera, precedendo Verona e Imolese. Sugli scudi poi la Fiorentina, vittoriosa per 3-1 in finale sulla Res Roma nella Coppa Primavera riservata alle ragazze Under 19, con il Brescia ed il Napoli al 3° e 4° posto, prima di dare spazio ad una vecchia gloria del calcio Walter Franzot, allenatore regionale dell'anno, uno che al calcio giovanile dedica tutto il suo tempo senza mai voler figurare.
Da un “vecchio” allenatore, ai due emergenti: Massimo Brambilla (Atalanta) e Marco Fioretto (Chievo), prima dell'apoteosi dei ragazzi dell'Atalanta,Vernazza, Pardo, Rivera e Malagò scaldano il casinò che hanno lasciato Arco dopo aver offerto una lezione di calcio e di stile.

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