Giunto alla quinta edizione, «Cerevisia», il festival delle birre artigianali trentine, ha ormai conquistato la piena maturità. I numeri che attengono ai birrifici presenti sono stabili (17 nel 2018), dato che ogni anno il panorama locale ne annovera qualcuno di nuovo, ma nel contempo quelli più affermati a volte sono impegnati in eventi di caratura nazionale o internazionale; così come sono stabili quelli relativi al pubblico, oltre diecimila presenze, e alla consumazioni, circa 21.000. Ciò che invece continua a crescere è la qualità delle etichette proposte e la competenza di chi le degusta, segnali importanti per il mercato.
«La giuria del nostro concorso, sempre più qualificata, – spiega il presidente del comitato organizzatore Daniele Graziadei – ha notato un incremento nella qualità delle birre iscritte nelle diverse categorie, a testimonianza di un processo di continua qualificazione dei prodotti trentini. Lo stesso si può dire per il pubblico che degusta, sempre più competente, sempre più preciso nelle richieste e sempre più abituato a riconoscere le etichette».
Il bilancio finale è quindi positivo... «Senza dubbio – prosegue – anche perché bisogna considerare che ora esistono altre manifestazioni di questo tipo sul territorio e perché quest'anno abbiamo alzato leggermente il prezzo di ogni singola consumazione (da 1,5 a 2 euro), quindi è normale che chi degusta lo faccia con attenzione».
Formula che vince non si cambia dunque? «Beh, non proprio, ogni tanto è giusto introdurre qualche novità. Il prossimo anno aggiungeremo qualche proposta gastronomica in più, accogliendo le tante richieste pervenuteci».
Per quanto concerne i premi, ai quali hanno concorso ben 107 birre, il titolo più ambito, quello riservato al miglior birrificio artigianale trentino, è andato per la prima volta a Rethia, azienda di Vezzano, che ha fatto incetta di riconoscimenti anche nelle graduatorie dedicate alle singole tipologie, imponendosi fra quelle chiare di ispirazione tedesca, quelle ambrate a bassa fermentazione a basso grado alcolico, quelle dello stesso tipo ad elevato grado alcolico, quelle con uso di frutta, con molti altri piazzamenti sul podio. Al secondo posto si è piazzato Barbaforte di Folgaria, che ha vinto nelle categorie riservate alle chiare, alta fermentazione, basso grado alcolico, luppolate e in quella riservata alle chiare, alta fermentazione, basso grado alcolico, con uso di frumento. Terzo il Birrificio Rotaliano, primo fra quelle di ispirazione anglosassone e in quelle di ispirazione belga. Si sono guadagnati un primo posto anche BioNoc', vincitore nel gruppo delle birre affinate in legno; la nonesa Km8, prima nella categoria a basso grado alcolico di ispirazione anglosassone e in quella di ispirazione britannica; Leder vincitore fra quelle di ispirazione tedesca; il birrificio Fiemme si è imposto fra quelle salate o lattiche di ispirazione tedesca. Il premio speciale assegnato all'azienda che fa più largo uso di materia prima locale è andato a BioNoc'.
«L'invito che la giuria ha rivolto agli artigiani trentini è quello di impegnarsi di più nella creazione di birre di tipo tedesco, – chiude Daniele Graziadei – sfruttando la prossimità del Trentino con questo mondo, ma sono anche le più difficili da produrre e quindi servirà un po' tempo».
Quello che conta, ad ogni modo, è che «Cerevisia» sia riuscita a stimolare un percorso di crescita delle piccole realtà imprenditoriali locali, assolvendo quindi ad una delle “mission” più importanti che si era data fin all'inizio. Un'opera che non termina certo qui.