Non è un caso se Simone Moro, ad oggi, sia l'unico alpinista del mondo ad aver conquistato quattro ottomila nella stagione invernale. Certo il caso, inteso come buona sorte, lo ha aiutato in più di una circostanza a creare le condizioni per portare a termine le sue imprese o, talvolta, ad evitare il peggio, ma alla base dei suoi successi ci sono senza dubbio una grande preparazione fisica e soprattutto un'incredibile tenuta mentale. Lo hanno capito in fretta le persone che ieri sera hanno seguito con il fiato sospeso la serata proposta da «Mese Montagna», capace di portare sul palco della palestra di Vezzano, esaurita in ogni posto disponibile, un altro big dell'alta quota, subito dopo Profit, Urubko e Revol. A loro, Simone Moro, ha voluto raccontare, nel dettaglio, come è riuscito ad avere ragione del Shisha Pangma nel gennaio del 2005, del Makalu nel febbraio del 2009, del Gasherbrum 2 nel febbraio del 2011 e infine del Nanga Parbat nel febbraio del 2016. Quattro ascensioni estreme, affrontate con compagni diversi, che lo hanno proiettato nel gotha mondiale dell'alpinismo invernale, un "club" che prima del suo avvento era stato frequentato esclusivamente da scalatori polacchi.
Proprio da lì ha preso le mosse il suo racconto dipanatosi ieri sera. Dalla sua ammirazione, quando era ragazzo, per le imprese compiute da icone come Riccardo Cassin, Walter Bonatti e Reinhold Messner, e per le prime pionieristiche conquiste invernali realizzate dal 1980 in poi, anno nel quale fu raggiunta la cima dell'Everest per la prima volta nei mesi freddi, da Wielicki e Cichy, imitati poi su altre cime da molti altri connazionali, tutti, appunto, rigorosamente polacchi.
«Osservando la loro attrezzatura, gli occhiali da saldatore, i caschetti da operai, le imbragature ricavate dalle cinture di sicurezza delle automobili, ho capito che più ancora della tecnica e dell'equipaggiamento ciò che aveva fatto la differenza, in quelle spedizioni, – da lì è partito Simone Moro – sono state la determinazione e la capacità di resistere a condizioni estreme per un periodo lungo. A toglierti lucidità, infatti, sono gli spazi angusti delle tendine nei quali si deve convivere per mesi, la necessità di rimanere per intere settimane a 20 o 30 gradi sotto zero, la difficoltà ad eseguire semplici gestiti quotidiani come lavarsi, nutrirsi, adempiere alla necessità fisiologiche. Soprattutto saper aspettare per intere settimane le condizioni meteo ideali per arrivare in vetta e per farlo velocemente, perché le ore di luce in inverno sono poche».
Poi ha raccontato le spedizioni che, fra il 2005 e il 2016, lo hanno portato in cima al Shisha Pangma insieme al polacco Piotr Morawski, al Makalu insieme al kazako Denis Urubko, ospite di «Mese Montagna» solo una settimana fa, al Gasherbrum 2 insieme allo stesso Denis Urubko e all'americano Cory Richards e al Nanga Parbat insieme al basco Alex Txicon, al pakistano Ali Sadpara e all'altoatesina Tamara Lunger. Storie cariche di sofferenza, determinazione, momentanee delusioni e veri colpi di fortuna, come quello che due anni fa ha permesso loro di raggiungere la tenda, dopo aver raggiunto il Nanga Parbat, nonostante e grazie al volo di duecento metri occorso a Tamara, ormai priva di forze, terminato vicino alla tenda lasciandola incolume e offrendole nel contempo la possibilità di accendere rapidamente le lampade che hanno permesso ai tre compagni di raggiungerla nella nebbia nel momento in cui avevano smarrito la via, senza saperlo. Una serata di grande impatto emotivo, che ancora una volta ha saputo conquistare il pubblico di «Mese Montagna».
La settimana si era aperta mercoledì sera, quando il fotografo valdostano Stefano Torrione aveva presentato il reportage dedicato alle tracce lasciate sulle nostre montagne dal Primo conflitto mondiale, a un secolo dalla sua conclusione, immagini di grande qualità, capaci di raccontare centinaia di storie individuali, spesso tragiche, legate ad uno dei capitoli più assurdi della nostra storia, quello della cosiddetta «Guerra Bianca».
Nella serata di oggi, infine, la palestra di Vezzano ospita «Magic Sport», un'iniziativa promossa dall'associazione Oasi, insieme altre realtà locali, per focalizzare l'attenzione sul rapporto fra sport e disabilità. Protagoniste dell'incontro la scalatrice Anna Torretta e l'atleta paralimpica Nicole Orlando.