L'attrazione, quasi magnetica verso il Nordamerica, che ha portato più volte e porterà ancora Maurizio Belli in una terra lontanissima quel’ è l'Alaska, ha cominciato a farsi sentire fin dalla sua infanzia. Le gesta del nonno, raccontategli dai genitori, che aveva lasciato i lembi meridionali dell'Impero austroungarico per andare a cercare fortuna nelle lande gelide e desolate, da pochi anni acquistate dagli Stati Uniti, avevano stimolato la sua curiosità. Documentandosi, scoprì che anche altri trentini si erano recati in quelle lande sperdute alla ricerca dell'oro e quindi all'inizio degli anni Novanta si decise a raggiungere l'Alaska per stabilire un primo contatto con quella terra e programmare la prima avventura, portata a termine nel 1993.
Alla fine dell'Ottocento a indurre tanti europei a lasciare il vecchio continente fu una crisi economica molto profonda, che non risparmiò il Tirolo e il Trentino, i cui contadini dovettero fare i conti anche con nuovi dazi, una pressione fiscale crescente e la concorrenza di prodotti stranieri. Intere famiglie partivano per gli Stati Uniti e il Sudamerica, mossi dalla fame e dalla speranza di trovare un lavoro o un pezzo di terra da coltivare e questo flusso transoceanico si arrestò solo con l'inizio della Prima Guerra Mondiale.
Alcuni di loro, pochissimi in verità, decisero di recarsi nel Grande Nord alla ricerca dell’oro e prendere parte alla mitica Gold Rush, che portò decine di migliaia di cercatori nel Klondike e in Alaska. Gli esploratori venivano lasciati dalle imbarcazioni salpate da Vancouver a Skagway, da lì proseguivano a piedi verso il Passo di Chilkoot o il White Pass e poi per centinaia di chilometri, navigando sul fiume Yukon con fragili imbarcazioni verso Dawson City, la città simbolo della corsa all’oro. Poi, i più temerari cercatori, tra cui i fratelli Silvio e Clemente Boldrini, alla notizia della scoperta di nuovi giacimenti auriferi si spinsero fino a Nome sul Mare di Bering, nell'estremo ovest dell’Alaska, percorrendo migliaia di chilometri in terre selvagge. I due fratelli giudicariesi, ci hanno lasciato pagine di diari ricche di dettagli, le quali hanno contribuito ad alimentare il desiderio di Maurizio di tornare in Alaska per ripercorrere quegli itinerari e per cercare altre testimonianze storiche in archivi e musei.