Forse non è un caso che Angelika Rainer sia salita sul palco di «Mese Montagna» nella giornata di ieri. Era esattamente il 22 novembre, infatti, quando due anni fa riuscì a portare a termine l’arrampicata più importante della propria vita. La climber meranese, nell’occasione, riuscì a ripetere la via liberata dall’inglese Tom Ballard nel 2016, che con il suo grado di D15 è da considerare la più difficile al mondo nel drytooling. Un’impresa che l’ha portata a diventare la numero uno al mondo di una specialità che ha imparato lottando e vincendo per anni sul ghiaccio. Come sia diventata una maestra nell’uso dei ramponi e delle picozze lo ha raccontato ieri sera al pubblico che ha raggiunto Vezzano per lei, cominciando dai primi passi mossi sulle falesie, per assecondare una passione nata fin da quando, a 12 anni, ha provato ad arrampicare per la prima volta. Si è cominciato a parlare di Angelika nel 2008, quando ha avuto ragione del suo primo 8A, la Via Italia 61 sul Piz Ciavaces, poi quando, nello stesso anno, ha superato l’8C a Narango, vicino ad Arco, sulla cosiddetta Cinque Uve.
Il racconto si è poi spostato sulle gare di arrampicata su ghiaccio, disciplina alla quale si è dedicata per molti anni, viaggiando in Europa, Nord America e Asia, dova ha mietuto successi, portandosi a casa tre titoli mondiali e due Coppe del Mondo. Nella serata ha trovato spazio anche per raccontare momenti in cui all’adrenalina si è sostituita la voglia di socializzare e di insegnare la propria “arte”, come è accaduto in Iran lo scorso anno, quando, dopo aver scalato il Damavand, ha fatto da maestra a un gruppo di donne di età compresa tra i 13 e i 40 anni, aiutandole ad apprendere una disciplina che le aiuta ad emanciparsi.
Poi ha aperto il lungo capitolo dedicato al drytooling, mostrando le splendide immagini di una gara disputata sulla White Cliff, sull’Isola di Man, organizzata da Red Bull, chiusa al primo posto, poi della spettacolare salita sul ghiaccio canadese della Clash of Titans, una grotta alta 150 metri ricoperta di stalattiti di ghiaccio. Senza dimenticare, ovviamente, A line above the Sky, che le è valsa il primo D15.
In settimana «Mese Montagna» aveva proposto al pubblico anche un viaggio negli scenari incontaminati dell’Alaska, raccontati mercoledì sera da Maurizio Belli e Fulvio Giovannini, che fra febbraio e aprile sono riusciti a percorrere 1.100 chilometri in 50 giorni da Fort Yukon ad Anchorage, avvalendosi di un’innovativa slitta trasformabile in carro, progettata dall’Università di Trento, completando così un progetto cominciato nel lontano 1993.
La rassegna si appresta ora ad entrare nell’ultima settimana di programmazione, che proporrà la coppia composta da Marco Furlani e Alessandro Gogna mercoledì e Reinhold Messner, finale con il botto, venerdì 29.