Quella della «Levico Vetriolo Panarotta» è, per certi versi, una storia da libro Cuore, dato che ogni suo capitolo trasuda di sentimenti forti. L’inguaribile passione per i motori di chi l’ha organizzata per la prima volta nel 1983, il lacerante senso di impotenza che ha prevalso nel 2004, quando si è deciso di interromperne l’organizzazione, la testardaggine di un gruppo di amici che ha reso possibile il suo ritorno sulle scene delle competizioni motoristiche nel 2023, anche per ricordare un grande amico che non c’è più. Tutto si lega a sentimenti forti, ad un legame saldissimo con il mondo dei motori che rimane vivo dagli anni Venti del secolo scorso, quando fu organizzata la prima edizione della «Trento Bondone», una gara alla quale si legano innegabilmente anche le sorti della «Levico Vetriolo Panarotta», che è stata inventata per compensare la rinuncia alla sorella maggiore, è stata abbandonata affinché la Scuderia Trentina nei primi anni Duemila potesse concentrarsi sul rilancio della più importante cronoscalata d’Europa ed è tornata in vita grazie al contributo determinante dello staff che oggi anima il sodalizio via Via Rienza.
Tutto ha preso il via nel 1982, quando l’Aci di Trento dovette rinunciare ad organizzare la cronoscalata cittadina per problemi di sicurezza e ordine pubblico, un digiuno durato ben sette anni, che Giorgio Sala e gli amici della Scuderia Trentina pensarono di poter in parte compensare inventandosi una nuova competizione su una strada che sembrava prestarsi particolarmente alle gare in salita, che aveva pure il vantaggio di utilizzare come base di appoggio una rinomata località turistica, ricca di strutture per l’ospitalità, come Levico Terme. Un’intuizione geniale, che portò a dare vita alla prima edizione, per la quale fu individuato un percorso lungo circa 8 chilometri, con otto tornanti e parecchi tratti veloci.
Nonostante la concomitanza con una gara del Civm, furono in 144 ad iscriversi alla prima edizione del 25 settembre 1983, un numero che anche oggi verrebbe considerato importante e che contribuì ad alimentare l’entusiasmo degli organizzatori. L’onore di iscrivere il proprio nome in cima all’albo d’oro toccò al mantovano Arcadio Pezzali, pilota specializzato nelle sfide in pista, che non disdegnava qualche esibizione sulle strade in salita, al volante della nuova Osella PA9 Bmw di 2000 cc. Dietro a lui si piazzò il bolognese Mario Caliceti, seguito dal vicentino Franco Mampreso, che correva con lo pseudonimo di Din, entrambi alla guida di una Osella PA7. Al primo posto nella classe 1600 del gruppo A c’è Francesco Pera con una Volkswagen Scirocco, al quale è ora dedicata la competizione.
L’anno successivo, il 1984, sono ben 226 i driver che decidono di prendere parte alla competizione trentina. Le voci corrono e la voglia di cimentarsi su questo nuovo percorso, che per l’occasione viene allungato di un chilometro, diventa contagiosa. La gara, disputata sotto la pioggia il 23 settembre 1984, viene vinta un po’ sorpresa dal bresciano Giuseppe Tambone su Osella PA9, che ha la meglio sul concittadino Ezio Baribbi per appena due secondi, nuovamente terzo è “Din”.
L’edizione del 22 settembre 1985 è quella che consacra Baribbi, laureatosi poco prima campione italiano della montagna, il quale onora il titolo imponendosi nella cronoscalata trentina con un tempo strepitoso (4’36”31), che Franco Pilone e Luigi Bormolini, anche loro al volante di una Osella PA9, non riescono nemmeno ad avvicinare. Il vincitore può godere anche del vantaggio che uno dei favoriti, Romano Casasola, ha dovuto ritirarsi poco dopo lo start per la rottura di un semiasse.
La quarta «Levico Vetriolo Panarotta» del 28 settembre 1986 viene privata di alcuni sicuri protagonisti, come Baribbi, Casasola e Caliceti, dalla concomitanza con una prova del Civm, in Sardegna, defezioni che aprono la strada a Giuseppe Tambone, il quale non tradisce le attese e si impone con un tempo che non è da record, a causa dell’asfalto bagnato. Secondo è un altro bresciano, Giulio Regosa (sempre su Osella PA), terzo il vicentino “Domingo” con una Osella PA7. Solo quinto il trentino Roberto Biasioli su una datata Chevron B23. Da ricordare che i mezzi di soccorso devono recuperare l’Alfasud di Roberto Pagnusat, volata su un sentiero nel bosco dove erano presenti le vetture di alcuni commissari, andate distrutte.
L’edizione del 1987 è molto importante nella storia di questa gara, perché è la prima che assegna punti per il campionato italiano, un riconoscimento che arriva a soli quattro anni dalla sua creazione e che inorgoglisce la Scuderia Trentina. Sono 159 i piloti che si danno battaglia il 31 maggio, inedita data primaverile legata alla nuova validità, e ad avere la meglio è per la seconda volta Ezio Baribbi, che lascia a cinque secondi Giuseppe Tambone e a 6 e mezzo Giulio Regosa, tutte e tre su Osella PA9. Il tempo di 4’34”98 è il nuovo record della competizione. Nono posto assoluto per Roberto Biasioli, in una classifica dove cominciano ad apparire nomi di driver che negli anni e nei decenni successivi faranno grandi cose, come Franz Tschager a Rudi Bicciato.
Il 29 maggio 1988 Baribbi concede anche il tris e lo fa vincendo il braccio di ferro con il favorito Mauro Nesti, presentatosi in Valsugana forte di un primato nel Campionato Europeo che resiste dal 1983, ma anche superando la pericolosa concorrenza di Tambone, Regosa e Caliceti. A turbare il fuoriclasse pistoiese è però l’incidente occorso alla figlia, che gli toglie la serenità per fare meglio di Baribbi. La classe 1.600 del gruppo N viene vinta nientemeno che da Renato Travaglia.
Il 1989 è l’anno di grazia del bresciano Giulio Regosa, non solo alla «Levico Vetriolo Panarotta», ma anche nelle precedenti gare del Campionato italiano. Potendo finalmente contare su una vettura performante, una Osella PA9, il portacolori della Delta Racing il 28 maggio fissa il nuovo record della competizione trentina in 4’32”84, due secondi in meno di Giuseppe Tambone e e sei in meno di Mauro Nesti, che completano il podio della assoluta. Un record viene fissato anche sul fronte delle presenze a bordo strada, dato che vengono stimate quasi 15.000 presenze.
L’inizio del nuovo decennio porta bene a Mauro Nesti, che dopo averci provato due volte senza successo, riesce finalmente a salire sul gradino più alto del podio della gara levicense il 27 maggio del 1990. Questa volta il pilota pistoiese e la sua Osella PA9 Cebora fanno il vuoto dietro di loro, fissando il nuovo record: 4’31”81”. Completano il podio l’esperto Ezio Baribbi, giunto in Valsugana dopo due vittorie nel Campionato Italiano, e un nome nuovo per questa manifestazione del quale si sentirà parlare a lungo, quello del pugliese Pasquale Irlando su Olmas.
Violato il tabù, Mauro Nesti va a segno anche il 26 maggio 1991, aiutato dalla defezione di Regosa, la cui nuova Osella PA9/90 lo pianta in asso durante la seconda salita, e dalle difficoltà che incontra Baribbi, anche lui alla prese con un prototipo nuovo di zecca, sempre un’Osella PA9/90, un po’ indietro nello sviluppo. Il pistoiese vince con il tempo di 4’29”30, che è anche il nuovo record. La classe 2500 del gruppo N viene vinta da un giovane talento, che risponde al nome di Fabio Danti.
Archiviato l’anno 1992, nel corso del quale, a causa di una delibera della Giunta provinciale rapidamente abolita, viene vitata l’organizzazione di tutte le competizioni motoristiche sulle strade trentine, una pausa che costa alla «Levico Vetriolo Panarotta» la validità del Civm, si balza al 30 maggio 1993, quando Mauro Nesti concede il tris, stavolta in gara con la nuova Lucchini P1/93. Non assegnando più punti per il campionato italiano mancano tutti i suoi più agguerriti avversari, così il meccanico trentino Roberto Biasioli (su Lucchini S280) ne approfitta per regalarsi il secondo posto a 8 secondi dal toscano, terzo è il vicentino Antonio Rossetto (su Lola T492).
Un nome nuovo compare invece sull’albo d’oro il 29 maggio 1994, allorché il ventisettenne pistoiese Fabio Danti, salito da appena un anno sui prototipi, vince per la prima e ultima volta la gara trentina con una Lucchini Bmw, mettendosi alle spalle mostri sacri come Pasquale Irlando, alla guida di una Osella PA20 ufficiale, e Mauro Nesti. Incredibile la prova di Renato Travaglia su Ford Escort Cosworth, che si piazza quarto. L’undicesima edizione viene aperta da una prova riservata alle vetture elettrosolari.
Quella del 1995 è un’altra edizione che consacra per la prima volta un pilota di rango. Stiamo parlando del pugliese Pasquale Irlando, che ora può contare su una Osella PA20 Bmw affidabile. Non riesce a battere il record di Nesti, ma si impone sul pistoiese per 3 secondi e mezzo e su Franz Tschager, che gareggia con una avveniristica Breda P1 Bmw.
Il driver di Locorotondo ce la fa invece il 26 maggio 1996, quando fissa il tempo di 4’27”63, un primato che gli consente di resistere all’attacco di Mauro Nesti, al quale non è sufficiente realizzare il proprio miglior crono di sempre. Sale di nuovo sul podio l’altoatesino Franz Tschager. Arranca invece Ezio Baribbi, la sua nuova Omsb Bmw non è ancora competitiva e finisce quinto.
Cambia di poco il podio nel 1997, quando a Irlando riesce di vincere la terza edizione consecutiva della «Levico Vetriolo Panarotta», come aveva saputo fare Nesti fra il 1990 e il 1993, un’edizione che disputa su asfalto bagnato. Franz Tschager stavolta è secondo con una Lucchini P1/97. Da menzionare il quarto posto del trentino Stefano Lovato alla guida di una mostruosa Alfa Romeo 155 V6.
La 15ª edizione, svoltasi il 31 maggio 1998, è condizionata dalla pioggia, che costringe il direttore di gara a fermare le partenze per un’ora e poi influisce sulle prestazioni dei concorrenti, che trovano via via un asfalto sempre più asciutto. Ne esce una classifica finale che vede primeggiare per l’ultima volta Mauro Nesti (Breda Bmw), davanti a Franz Tschager (Lucchini Bmw) e ad un sorprendente Giorgio De Tisi, in gara con una Lancia Delta Proto. Un prudente Pasquale Irlando (Osella PA20) deve accontentarsi del quarto posto. Non fissa un buon tempo, ma fa divertire il pubblico, Christian Merli con una Bmw M3.
Arriva il 30 maggio 1999 e questa volta Pasquale Irlando non fallisce l’appuntamento con il quarto successo, ma c’è un nome nuovo sul podio, quello del siciliano Erasmo Bologna, alla guida di una Osella PA20 Bmw identica a quella del vincitore. Il secondo posto è suo a scapito di Mauro Nesti, che deve accontentarsi del bronzo.
La sfida si rinnova nel 2000, quando purtroppo il numero di concorrenti scende a un’ottantina, un valore che allarma la Scuderia Trentina. Mauro Nesti, Pasquale Irlando e Franz Tschager non vogliono però mancare, ma la classifica finale non segue i pronostici, dato che ad imporsi per la prima volta è l’Osella PA20 del pilota altoatesino, che in quella stagione domina anche il Campionato europeo. Irlando è secondo ad appena 40 centesimi e terzo ritroviamo Erasmo Bologna, che precede il trentino Paolo Strenghetto su una Sighinolfi da pista. Solo quinto Nesti.
Ed è proprio Strenghetto a prendersi la soddisfazione di vincere l’anno successivo, il 27 maggio 2001, agevolato dal fatto che mancano i big della specialità e che il favorito Erasmo Bologna vola fuori strada il sabato finendo in ospedale. Ne approfitta anche Roberto Biasioli (Breda Bmw), che si piazza secondo, mentre terzo è Romano De Gan su Gipì.
Le ultime due edizioni offrono l’occasione per rifarsi ad Erasmo Bologna. Il 26 maggio 2002 il trapanese, su Osella PA20 Bmw, distacca di cinque secondi Paolo Strenghetto, un po’ attardato rispetto all’anno prima, e Roberto Biasioli. In gara, nel gruppo N, ci sono anche Gabriella Pedroni (Ford Escort Cosworth) e Diego Degasperi (Mitsubishi Lancer), dei quali sentiremo parlare negli successivi.
Il 25 maggio del 2003 si svolge l’ultima edizione prima della lunga pausa. Erasmo Bologna concede il bis, precedendo ancora Paolo Strenghetto, terzo è Romano De Gan. La mancata copertura dei costi attraverso le sponsorizzazioni, nonostante il generoso intervento dell’Apt della Valsugana, della Cassa Rurale e del Comune, e la necessità dedicarsi al rilancio definitivo della «Trento Bondone», inducono la Scuderia Trentina ad archiviare la competizione in attesa di tempi migliori, che ora sono arrivati.