Di poche parole il vincitore, il marocchino Elhousine El Azzaoui, che non sembra stupito per questo suo primo successo a Canazei. «Dopo diversi tentativi sono finalmente riuscito a salire sul gradino più alto del podio di questa magnifica gara – racconta – ed è una grande soddisfazione. Erano due mesi che mi preparavo per questa sfida, anche testando parti del percorso e stavolta ogni tassello è andato al proprio posto. In Val Lasties ho rotto gli indugi e ho guadagnato un vantaggio decisivo per giungere a braccia alzate al traguardo, accolto da un pubblico bellissimo, che anche lungo il percorso ci ha sempre sostenuto».
Decisamente su di giri lo svizzero Roberto Delorenzi, il primo ad essere stupito per il proprio argento. «Due anni fa, alla prima partecipazione, mi sono classificato undicesimo, l’anno scorso quinto e ora addirittura secondo, una posizione incredibile. Ero consapevole di essere in forma, ma dopo aver visto il lotto dei partenti mi ero posto una piazza nella top ten come obiettivo massimo, invece è andata così. La miglior gara della mia vita. In salita ho tenuto il ritmo dei battistrada, senza perderli mai di vista, usando anche i bastoncini fra Passo e Forcella Pordoi, poi la grande bagarre si è scatenata in discesa, dato che Angermund ha perso contatto con Elhousine e lo abbiamo riassorbito nel gruppo degli inseguitori, nel quale ho avuto la meglio buttandomi giù a capofitto».
«Un posto sul podio è un grande risultato, perché era un paio di anni che non prendevo parte ad una gara della Golden Trail Series - dice il terzo classificato Frederic Tranchand – e che non mi mettevo alla prova accanto a questi campioni. Per conquistare il podio ho dovuto prendermi dei rischi lungo la discesa, ma solo dopo essermi lasciato alle spalle la parte con i sassi più grandi e insidiosi».
«Conquistare un posto fra i primi dieci in una gara delle Golden Trail Series – confessa l’altoatesino Daniel Pattis – è la realizzazione di un sogno per me. È la prima volta. Ho scollinato al Piz Boè al quinto posto e poi sono riuscito a difenderlo nella parte in discesa, molto tecnica, perché sulle rocce dolomitiche bisogna saper correre. Io comunque qui mi sento a casa e l’anno prossimo sarò di sicuro al via per cercare di migliorarmi ancora, perché le immagini di questo percorso ti rimangono nel cuore».
Per la svizzera Judith Wyder si tratta del terzo successo alla DoloMyths Run. Quale considera il più bello? «Davvero difficile dirlo, - ci dice - ogni gara ha avuto la propria storia: il primo l’ho conquistato un po’ a sorpresa, da novellina, il secondo al rientro dopo un grave infortunio, e il terzo, questo, con maturità. Sono davvero soddisfatta della mia performance e lo stesso il mio allenatore. Per quanto riguarda il tempo, 2 ore e 24’, lo trovo ottimo, anche perché in un paio di occasioni ho dovuto fermarmi e tornare indietro, perché avevo preso una direzione sbagliata».
Cosa rende speciale questa gara? «Poche sono tecniche e complete come questa, inoltre non puoi permetterti di staccare la spina nemmeno per una attimo. Poi io amo correre in Italia, perché qui tutto è speciale, e perché lungo il percorso c’è tantissimo pubblico».
La fondista americana Sophia Laukli non ha rimpianti: «Io e Judith siamo state insieme per i primi cinque minuti, – spiega – ma poi ho capito che avrebbe fatto gara a sé e quindi ho pensato solo a tenere il mio ritmo. In seguito quando ho provato ad accelerare lei ha risponso subito per le rime, quindi mi tengo stretta questo bellissimo secondo posto, anche perché è stata la mia prima volta in questa gara e quindi non la conoscevo molto bene. Mi è piaciuta moltissimo la parte in discesa, in particolare. Se voglio battere Judith dovrò tornare ancora più preparata».
«Ho lottato duramente per il secondo posto con Sophia per tutta la gara, – spiega Karina Carsolio – e siamo rimaste vicine buona parte della discesa, ma purtroppo alla fine non ne avevo più e ho dovuto desistere. Comunque è sempre un piacere correre qui, il paese è molto bello, la gente calorosa e le montagne magiche».
È stata la prima volta alla DoloMyths Run anche per la trentacinquenne runner valtellinese Alice Gaggi, che si è regalata una bella giornata. «Prima della partenza ero intimorita da questo percorso molto tecnico, - spiega – perché non è il mio forte, ma poi, man mano che entravo nel vivo della gara, l’adrenalina mi ha caricato e mi ha dato la spinta. In salita sono andata in progressione, mentre in discesa ho pensato a difendermi: Elise Poncet mi ha superato nella parte in cui c’erano i sassi, ma in quella più corribile l’ho riagganciata e superata. Ora che conosco il percorso mi piacerebbe riprovarci, questo ambiente naturale stupendo lo merita, così come il calore del pubblico».
«Siamo molto contenti per il riscontro che abbiamo ottenuto quest’anno in termini di partecipazione, - è il pensiero di Diego Salvador, che coordina il comitato organizzatore – un successo che ci ripaga degli sforzi compiuti per dare vita a questo evento. Siamo in sei a lavorare per tutto l’anno, ai quali nel giorno della gara si aggiungono 210 volontari, che ringrazio uno per uno. Gestire questa macchina diventa ogni anno più gravoso, ma lo facciamo con gioia, anche perché è un grande spot per la nostra valle. Abbiamo in serbo alcune sorprese per l’edizione 2024, ma è presto per svelarle».