Hanno scelto di cambiare città e vita per amore dello sport che con tanta passione praticano. Lucia Capovilla, trent’anni di Venezia, e Nadia Bredice, trentasei anni di Arezzo, da un paio d’anni hanno deciso di rinnovare la carta d’identità nel comune di Arco di Trento per seguire e praticare con professionalità la disciplina del paraclimbing, inseguendo il sogno di centrare risultati agonistici di alto livello e, soprattutto, quello di poter indossare il pettorale alle Olimpiadi. Il primo obiettivo entrambe lo hanno già centrato a suon di medaglie ai campionati mondiali, in Coppa del Mondo e in ambito nazionale, il secondo si potrebbe concretizzare nel 2028 a Los Angeles, visto che il prossimo 26 giugno il Comitato Internazionale Paralimpico dovrebbe esprimersi sulle richieste di inserimento nel programma a cinque cerchi di nuove discipline, e proprio gli organizzatori dei Giochi statunitensi hanno proposto il paraclimbing. Perché proprio ad Arco? La risposta è semplice e in parte scontata: perché è la capitale italiana dell’arrampicata sportiva e perché qui opera l’Asd Arco Climbing, che gestisce strutture innovative e dispone di allenatori e tecnici di alto livello.
Lucia è nata senza un braccio e gareggia nella categoria "amputee categoria U2" e nella vita esercita la professione di infermiera, mentre Nadia è inserita nel gruppo "blind categoria B1" riservata ai non vedenti e nella vita ha completato il ciclo universitario. Il loro percorso sportivo è fatto di tanti risultati di rilievo, peraltro confermati anche nel 2024 con la riconquista del titolo italiano a Reggio Emilia, dopo quello centrato dodici mesi fa. Come da regolamento internazionale l'unica specialità paralimpica è il lead, conosciuta anche come specialità di difficoltà.
Lucia inoltre si è messa in evidenza anche nella prima prova della Coppa del Mondo a Salt Lake City, chiudendo con un argento, e trionfando anche nelle prime due tappe di Coppa Italia a Bergamo e Bologna. Nadia, invece era assente nel primo atto del circuito nazionale, ma si è riscattata con una doppia affermazione nella seconda prova di Coppa Italia e ai campionati italiani ed ora punta a ben figurare anche al secondo atto della Coppa del Mondo, in calendario il 24 e 25 giugno ad Innsbruck, dove non mancherà nemmeno Lucia.
Come è entrato il paraclimbing nella loro vita? «Ho praticato tanti sport da adolescente – racconta la Capovilla -, ma ho iniziato a scalare nel 2015 per caso e mi sono subito appassionata. Inizialmente venivo in Trentino solo per allenarmi, ma poi ho deciso di trasferirmi definitivamente ad Arco. È uno sport che mi ha dato tanto, trasformando la mia debolezza nella mia forza, consentendomi di utilizzare tutto il mio sport rispetto ad altre discipline. Mi ha permesso di conoscermi meglio e costruire anche importanti amicizie con atleti di altre disabilità. L’arrampicata poi richiama molto la natura, mi piace cimentarmi su roccia, mentre nelle gare riesco a prendermi tante soddisfazioni grazie ad allenamenti intensi in palestra, dove cerco sempre di alzare l’asticella».
Ti ricordi ancora la prima gara? «Certo. Ero molto emozionata ed ho subito avvertito ottime sensazioni. Arrampicare è un gesto primitivo e naturale e venendo da tanti altri sport il mio corpo era comunque flessibile, coordinato e con capacità di equilibrio. Ho dovuto solo applicare le mie peculiarità in questa danza verticale e ci sono riuscita presto, distinguendomi subito in ambito nazionale e al primo anno sono arrivati i primi podi internazionali. Da quel momento sono sempre fra le migliori al mondo».
I risultati che ricordi con maggiore soddisfazione quali sono? «La medaglia d’oro ai mondiali di Salt Lake City e lo scorso anno l’argento alla rassegna iridata di Berna».
Fra pochi giorni potrebbe venire ufficializzata la presenza del paraclimbing alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. Sei fiduciosa? «Il fatto – conclude Lucia - che sia stato proprio il Comitato Organizzatore a proporre il nostro sport penso sia strategico. Ora manca solo un passaggio politico. È un sogno che si realizza. Ne parliamo da tanto tempo, tant’è che sembrava potesse esordire a Parigi 2024. Il problema è sempre stato legato al fatto che ci sono tante categorie nel nostro sport, e non è facile trovare il giusto equilibrio. Ci saranno sicuramente cambiamenti regolamentari per la nostra specialità, la lead. Il riconoscimento paralimpico consentirebbe di allenarci come i professionisti, perché in questo momento è difficile gestire lavoro e sport».
È simile pure il pensiero di Nadia Bredice: «Quando siamo vicini al traguardo arriva sempre un rinvio. Spero davvero che il 26 giugno possa essere ufficializzato l’ingresso del nostro sport nelle discipline paralimpiche dal 2028. Dev’essere un’esperienza straordinaria, un concentrato di emozioni. Spero di poterle vivere».
Ci racconti la tua storia sportiva? «Sono nata in Toscana per caso, perché i miei genitori sono argentini e il destino poi mi ha portata in Trentino. Mi sono avvicinata all’arrampicata quasi per caso in una piccola palestra di Arezzo ed è nato l’amore. Pur essendo non vedente ho subito trovato sensazioni straordinarie e da quel momento non ho più smesso, ma era necessario avere delle guide e degli istruttori preparati e quindi inevitabilmente ho deciso di migrare ad Arco alla fine del 2021. In Trentino ci sono tecnici qualificati, in grado di seguire atleti con disabilità, consentendo di affrontare una carriera agonistica».
Cos’ha di speciale per te il paraclimbing? «Tante soddisfazioni, molta consapevolezza, capacità di affrontare limiti che probabilmente non avrei mai raggiunto in altre situazioni. Ho poi conosciuto tante persone, tante storie. Personalmente poi ho sviluppato la concentrazione, l’equilibrio, la percezione del mio corpo che per una non vedente è molto importante. E questo accade sia quando arrampico indoor, sia all’aperto. L’emozione più grande è poi stata la medaglia di bronzo ai mondiali di Mosca due anni fa».