Viote Ski Marathon

Il decennale olimpico di Zorzi e Di Centa
festeggiato alla Bondone Nordic Ski Marathon 

Nel weekend avrebbero dovuto essere a Torino per la celebrazione del decennale della conquista della medaglia d'oro olimpica nella staffetta dei Giochi del 2006. Giorgio Di Centa e Cristian Zorzi hanno però preferito festeggiare lo storico anniversario sulle nevi trentine delle Viote del Monte Bondone. Insieme, sulla neve. Come ai tempi del successo a cinque cerchi «Giorgio ed io abbiamo deciso di venire a festeggiare l'anniversario dell'oro olimpico della staffetta qui alle Viote del Bondone, per stare insieme a chi ha fatto il tifo per tanti anni e ci ha aiutato a vincere quello che abbiamo vinto. Eravamo stati inviati a Torino per la celebrazione del trionfo olimpico ma... meglio così, abbiamo bruciato un po' di calorie».
Sono passati dieci anni dalla vittoria di Torino 2006 (la staffetta si disputò il 19 febbraio, la 50 km il 26 febbraio 2016), anche se sembra ieri. «È vero, questi dieci anni sono volati via, ma se ci guardiamo intorno ci rendiamo che il tempo passa, perché non conosciamo più quasi nessuno degli attuali concorrenti. Giorgio comincia ad avere le rughe, mentre io mi mantengo con qualche lifting – continua Zorzi con l'ironia che lo ha contraddistinto nella lunga carriera -. Ho un bellissimo ricordo della staffetta di Torino ed è bello rispolverare quel ricordo. Non capita a tutti di vincere un'Olimpiade nel proprio Paese. Abbiamo fatto la storia del fondo azzurro ed è bello ricordarla ogni tanto».
Federico Pellegrino sembra destinato a ripercorrere le sue orme. Nelle sprint è già riuscito a infilare una bella serie di vittorie. Potrà essere un elemento cardine anche per la staffetta? «Federico ha qualità importanti per le gare sprint – aggiunge ancora il campionissimo fassano -. Deve migliorare nelle distance per essere completo e qualcosa ancora gli manca. È comunque un atleta determinato, che non lascia nulla al caso e penso che, nel prossimo futuro, riuscirà a darci grandi soddisfazioni anche nelle gare distance».
Quale sarà il prossimo quartetto da medaglia azzurro? «Valbusa, Di Centra, Piller Cottrer, Zorzi – se la ride “Zorro” -. Scherzo, sto parlando di master. De Fabiani e Pellegrino sono due ottimi atleti su cui costruire una staffetta vincente. Gli altri devono lavorare ancora un po', ma con due perni del genere ci sono i margini per tornare in alto. Il lavoro svolto da Chenetti e dal suo staff sta dando i propri frutti».
Ha voluto ricordare il successo sulle nevi delle Viote anche Giorgio Di Centa, che per tanti anni è stato compagno di camera di Zorzi in Nazionale. «L'oro della staffetta di Torino è un ricordo bellissimo – racconta il campionissimo friulano dei Carabinieri -. Cristian partì in ultima frazione con pochi secondi di vantaggio e insieme a Valbusa e Piller Cottrer ci dicemmo: “ora lo riprenderanno”. Invece ci ha creduto, ci ha provato e ha preso il largo. Eravamo preoccupati che potesse calare, ma si è saputo gestire al meglio e alla fine ha avuto pure il tempo di prendere in mano il tricolore e di tagliare il traguardo in trionfo. Fu uno spettacolo assoluto: vincere tutti insieme a Torino fu qualcosa di speciale e lo è ancora. Io ho anche il ricordo dell'oro della 50 km: un sogno nel cassetto realizzato, che mi ha ripagato di tanti podi mancati e dell'amarezza di tanti secondi posti».
Cosa aveva di speciale quel gruppo? «Eravamo e siamo particolari, speciali per meglio dire – replica Di Centa -. Un giorno uno psicologo si sedette a tavola con noi e ricordo che ci disse: “voi non avete bisogno dello psicologo. Il nostro gruppo era speciale: Valbusa e Zorzi avevano grande carisma, Piller Cotter pure aveva e ha qualcosa di speciale. Io ero forse il più tranquillo dei quattro, ma quando c'era da tirar fuori le unghie ci sono sempre stato. Ci completavamo a vicenda».
Guardando all'Italfondo di oggi, Francesco De Fabiani potrebbe diventare il Di Centa del futuro? «Perché no – conclude Di Centa -. È indubbiamente un ragazzo dotato e può fare grandi cose. Ha la dote di essere veloce dopo tanti chilometri di gara e questo può fare la differenza nell'ottica del risultato».


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